Rispose che aveva in culo il Duca e noi di nuovo, e che noi e lui eramo un monte di asini. Alle qual parole mentitolo per la gola, tirai fuora la spada; e 'l vecchio, che volse essere il primo alla scala, pochi scaglioni in giú cadde, e loro tutti l'un sopra l'altro addòssogli. Per la qual cosa, io saltato inanzi, menavo la spada per le mura con grandissimo furore, dicendo: - Io vi ammazzerò tutti - e benissimo avevo riguardo a non far lor male, che troppo ne arei potuto fare. A questo romore l'oste gridava; Lamenton diceva - Non fate - alcuni di loro dicevano - Oimè il capo! - altri - Lasciami uscir di qui -. Questa era una bussa inistimabile: parevano un branco di porci: l'oste venne col lume; io mi ritirai sú e rimessi la spada. Lamentone diceva a Nicolò Benintendi, che gli aveva mal fatto; l'oste disse a Nicolò Benintendi: - E' ne va la vita a metter mano per l'arme qui, e se il Duca sapessi queste vostre insolenzie, vi farebbe appiccare per la gola; sí che io non vi voglio fare quello che voi meriteresti; ma non mi ci capitate mai piú in questa osteria, che guai a voi -. L'oste venne sú da me, e volendomi io scusare, non mi lasciò dire nulla, dicendomi che sapeva che io avevo mille ragioni, e che io mi guardassi bene innel viaggio da loro.
LXXVII. Cenato che noi avemmo, comparse sú un barcheruolo per levarci per Vinezia; io dimandai se lui mi voleva dare la barca libera: cosí fu contento, e di tanto facemmo patto. La mattina a buonotta noi pigliammo i cavagli per andare al porto, quale è non so che poche miglia lontano da Ferrara; e giunto che noi fummo al porto, vi trovammo il fratello di Nicolò Benintendi con tre altri compagni, i quali aspettavano che io giugnessi: in fra loro era dua pezzi di arme in asta, e io avevo compro un bel giannettone in Ferrara.
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