Alle qual parole io accettai e ringraziai; e vedutomi dare alla cerca con gli occhi, commise al suo guardaroba, che era un certo Pretino da Lucca, che mi lasciassi pigliare tutto quello che io volevo. E partitosi con piacevolissime parole, io mi restai, e scelsi il piú bello e il migliore archibuso che io vedessi mai, e che io avessi mai, e questo me lo portai a casa. Dua giorni di poi io gli portai certi disegnetti che Sua Eccellenzia mi aveva domandato per fare alcune opere d'oro, le quali voleva mandare a donare alla sua moglie, che per ancora era in Napoli. Di nuovo io gli domandai la medesima mia faccenda, che e' me la spedissi. Allora Sua Eccellenzia mi disse, che voleva in prima che io gli facessi le stampe di un suo bel ritratto, come io aveva fatto a papa Clemente. Cominciai il ditto ritratto di cera; per la qual cosa Sua Eccellenzia commisse, che attutte l'ore che io andavo per ritrarlo, sempre fossi messo drento. Io che vedevo che questa mia faccenda andava in lungo, chiamai un certo Pietro Pagolo da Monte Ritondo, di quel di Roma, il quale era stato meco da piccol fanciulletto in Roma; e trovatolo che gli stava con un certo Bernardonaccio orafo, il quale non lo trattava molto bene, per la qual cosa io lo levai dallui, e benissimo gl'insegnai mettere quei ferri per le monete; e intanto io ritraevo il Duca: e molte volte lo trovavo a dormicchiare doppo desinare con quel suo Lorenzino che poi l'ammazzò, e non altri; e io molto mi maravigliavo che un Duca di quella sorte cosí si fidassi.
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