A questo, ardito spinsi inanzi l'arme e dissi: - Idio sia per la ragione; o vivo fuggo, o morto preso -. La stanza si era istretta: lor fecion segno di venire a me con forza, e io grande atto di difesa; per la qual cosa il bargello cognobbe di non mi poter avere in altro modo che quel che io avevo detto. Chiamato il cancelliere, in mentre che faceva leggere il salvo condotto, fece segno dua o tre volte di farmi mettere le mani adosso; onde io non mi mossi mai da quella resoluzione fatta. Toltosi dalla impresa, mi gittorno il salvo condotto in terra, e senza me se ne andarono.
LXXXIII. Tornatomi a riposare, mi senti' forte travagliato, né mai possetti rappiccar sonno. Avevo fatto proposito che, come gli era giorno, di farmi trar sangue; però ne presi consiglio da misser Giovanni Gaddi, e lui da un suo mediconzolo, il quale mi domandò se io avevo aùto paura. Or cognoscete voi che giudizio di medico fu questo, avendogli conto un caso sí grande, e lui farmi una tal dimanda! Questo era un certo civettino, che rideva quasi continuamente e di nonnulla; e in quel modo ridendo, mi disse che io pigliassi un buon bicchier di vin greco, e che io attendessi a stare allegro e non aver paura. Messer Giovanni pur diceva: - Maestro, chi fussi di bronzo o di marmo a questi casi tali arebbe paura; or maggiormente uno uomo -. A questo quel mediconzolino disse: - Monsignore, noi non siamo tutti fatti a un modo: questo non è uomo né di bronzo né di marmo, ma è di ferro stietto - e messomi le mane al polso, con quelle sua sproposite risa, disse a messer Giovanni: - Or toccate qui; questo non è polso di uomo, ma è d'un leone o d'un dragone - onde io, che avevo il polso forte alterato, forse fuor di quella misura che quel medico babbuasso non aveva imparata né da Ipocrate né da Galeno, sentivo ben io il mio male, ma per non mi far piú paura né piú danno di quello che aùto io avevo, mi dimostravo di buono animo.
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Tornatomi Giovanni Gaddi Giovanni Maestro Giovanni Ipocrate Galeno Idio Monsignore
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