Di poi dissono che io mi fermai come morto; e soprastati piú d'un'ora, parendo loro che io mi freddassi, per morto mi lasciorono. E ritornati a casa loro, lo seppe quel Mattio Franzesi, il quale scrisse a Firenze a messer Benedetto Varchi mio carissimo amico, che alle tante ore di notte lor mi avevano veduto morire. Per la qual cosa quel gran virtuoso di messer Benedetto e mio amicissimo, sopra la non vera ma sí ben creduta morte fece un mirabil sonetto, il quale si metterà al suo luogo. Passò piú di tre grande ore prima che io mi rinvenissi; e fatto tutti e' rimedi del sopraditto maestro Francesco, veduto che io non mi risentivo, Felice mio carissimo si cacciò a correre a casa maestro Francesco da Norcia, e tanto picchiò che egli lo svegliò e fecelo levare, e piagnendo lo pregava che venissi a casa, che pensava che io fossi morto. Al quale, maestro Francesco, che era collorosissimo, disse: - Figlio, che pensi tu che io faccia a venirvi? se gli è morto, a me duol egli piú che a tte; pensi tu che con la mia medicina, venendovi, io li possa soffiare in culo e rendertelo vivo? - Veduto che 'l povero giovane se ne andava piangendo, lo chiamò indietro e gli dette certo olio da ugnermi e' polsi e il cuore, e che mi serrassino istrettissime le dita mignole dei piedi e delle mane; e che se io rinvenivo, che subito lo mandassimo a chiamare. Partitosi Felice, fece quanto maestro Francesco gli aveva detto; e essendo fatto quasi di chiaro e parendo loro d'esser privi di speranza, dettono ordine a fare la vesta e a lavarmi.
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