Il Duca mi guardava e si maravigliava che io fussi vivo; di poi mi disse che io attendessi a essere uomo dabbene e guarire. Tornatomi a casa, Niccolò da Monte Aguto mi venne a trovare, e mi disse che io avevo passato una di quelle furie la maggiore del mondo, quale lui non aveva mai creduto; perché vidde il male mio scritto d'uno immutabile inchiostro; e che io attendessi a guarire presto, e poi mi andassi con Dio, perché la veniva d'un luogo e da uomo, il quale mi arebbe fatto male. E poi ditto - guarti - e' mi disse: - Che dispiaceri ha' tu fatti a quel ribaldaccio di Ottaviano de' Medici? - Io gli dissi che mai io avevo fatto dispiacere allui, ma che lui ne aveva ben fatti a me: e contatogli tutto il caso della zecca, e' mi disse: - Vatti con Dio il piú presto che tu puoi, e sta' di buona voglia, che piú presto che tu non credi vedrai le tua vendette -. Io attesi a guarire: detti consiglio a Pietropagolo, ne' casi delle stampe delle monete; dipoi m'andai con Dio, ritornandomi a Roma, sanza far motto al Duca o altro.
LXXXVIII. Giunto che io fui a Roma, rallegratomi assai con li mia amici, cominciai la medaglia del Duca; e avevo di già fatto in pochi giorni la testa in acciaio, la piú bella opera che mai io avessi fatto in quel genere, e mi veniva a vedere ogni giorno una volta almanco un certo iscioccone chiamato messer Francesco Soderini; e veduto quel che io facevo, piú volte mi disse: - Oimè, crudelaccio, tu ci vuoi pure immortalare questo arrabbiato tiranno. E perché tu non facesti mai opera sí bella, a questo si cognosce che tu sei sviscerato nimico nostro e tanto amico loro, che il Papa e lui t'hanno pur voluto fare impiccar dua volte a torto: quel fu il padre e il figliuolo; guardati ora dallo Spirito Santo -. Per certo si teneva che il duca Lessandro fussi figliuolo di papa Clemente.
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