- E mi disse come Cosimo de' Medici, figliuolo del signor Giovanni, era fatto Duca: ma che egli era fatto con certe condizioni, le quali l'arebbono tenuto, che lui non arebbe potuto isvolazzare a suo modo. Allora toccò a me a ridermi di loro, e dissi: - Cotesti uomini di Firenze hanno messo un giovane sopra un maraviglioso cavallo, poi gli hanno messo gli sproni e datogli la briglia in mano in sua libertà, e messolo in sun un bellissimo campo, dove è fiori e frutti e moltissime delizie; poi gli hanno detto che lui non passi certi contrassegnati termini: or ditemi a me voi, chi è quello che tener lo possa, quando lui passar li voglia? Le legge non si posson dare a chi è padron di esse -. Cosí mi lasciorno stare e non mi davon noia.
XC. Avendo atteso alla mia bottega, e seguitavo alcune mie faccende, non già di molto momento, perché mi attendevo alla restaurazione della sanità, e ancora non mi pareva essere assicurato dalla grande infirmità che io avevo passata. In questo mentre lo Imperadore tornava vittorioso dalla impresa di Tunizi, e il Papa aveva mandato per me e meco si consigliava che sorte di onorato presente io lo consigliavo per donare allo Imperatore. Al quale io dissi, che il piú a proposito mi pareva donare a Sua Maestà una croce d'oro con un Cristo, al quale io avevo quasi fatto uno ornamento, il quale sarebbe grandemente a proposito e farebbe grandissimo onore a Sua Santità e a me. Avendo già fatto tre figurette d'oro, tonde, di grandezza di un palmo in circa: queste ditte figure furno quelle che io avevo cominciate per il calice di papa Clemente; erano figurate per la Fede, la Speranza e la Carità; onde io aggiunsi di cera tutto il restante del piè di detta croce; e portatolo al Papa con il Cristo di cera e con molti bellissimi ornamenti, sadisfece grandemente al Papa; e innanzi che io mi partissi da Sua Santità rimanemmo conformi di tutto quello che si aveva a fare, e appresso valutammo la fattura di detta opera.
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