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      Le gioie valevano in circa sei mila scudi: di modo che, datomi le gioie e l'oro, messi mano alla ditta opera, e sollecitandola in brevi giorni io la feci comparire di tanta bellezza, che il Papa si maravigliava e mi faceva grandissimi favori, con patti che quella bestia de l'Iuvinale non mi venissi intorno. Avendo la ditta opera vicina alla fine, comparse lo Imperatore, a il quale s'era fatti molti mirabili archi trionfali, e giunto in Roma con maravigliosa pompa, qual toccherà a scrivere ad altri, perché non vo' trattare se non di quel che tocca a me, alla sua giunta subito egli donò al Papa un diamante, il quale lui aveva compero dodicimila scudi. Questo diamante il Papa lo mandò per me e me lo dette, che io gli facessi un anello alla misura del dito di Sua Santità; ma che voleva che io portassi prima el libro al termine che gli era. Portato che io ebbi el libro al Papa, grandemente gli sodisfece: di poi si consigliava meco che scusa e' si poteva trovare con lo Imperadore, che fussi valida, per essere quella ditta opera imprefetta. Allora io dissi che la valida iscusa si era, che io arei detto della mia indisposizione, la quale Sua Maestà arebbe facilissimamente creduta, vedendomi cosí macilente e scuro come io ero. A questo il Papa disse che molto gli piaceva; ma che io arrogessi da parte di Sua Santità, faccendogli presente del libro, di fargli presente di me istesso: e mi disse tutto il modo che io avevo attenere, delle parole che io avevo a dire, le qual parole io le dissi al Papa, domandandolo se gli piaceva che io dicessi cosí. Il quale mi disse: - Troppo bene dicesti, se a te bastassi la vista di parlare in questo modo allo Imperadore, che tu parli a me -. Allora io dissi, che con molta maggior sicurtà mi bastava la vista di parlate con lo Imperadore; avvenga che lo Imperadore andava vestito come mi andavo io, e che a me saria parso parlare a uno uomo che fussi fatto come me; qual cosa non m'interveniva cosí parlando con Sua Santità, innella quale io vi vedevo molto maggior deità, sí per gli ornamenti eclesiastici, quali mi mostravano una certa diadema, insieme con la bella vecchiaia di Sua Santità: tutte queste cose mi facevano piú temere, che non quelle dello Imperadore.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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