Mi aveva messo in ordine una camera, che sarebbe troppo onorevole a un cardinale, e continuamente volse che io mangiassi accanto a Sua Signoria. Dipoi entrò con modestissimi ragionamenti, mostrandomi che arebbe aùto desiderio che io lo ritraessi; e io, che non desideravo altro al mondo, fattomi certi stucchi candidissimi dentro in uno scatolino, lo cominciai; e la prima giornata io lavorai dua ore continue, e bozzai quella virtuosa testa di tanta buona grazia, che Sua Signoria ne restò istupefatta; e come quello che era grandissimo innelle sue lettere e innella poesia in superlativo grado, ma di questa mia professione Sua Signoria non entendeva nulla al mondo: il perché si è che allui parve che io l'avessi finita a quel tempo, che io non l'avevo a pena cominciata: di modo che io non potevo dargli ad intendere che la voleva molto tempo a farsi bene. All'utimo io mi risolsi a farla il meglio che io sapevo col tempo che la meritava: e perché egli portava la barba corta alla veniziana, mi dette di gran fatiche a fare una testa che mi sadisfacessi. Pure la fini' e mi parve fare la piú bella opera che io facessi mai, per quanto si aparteneva a l'arte mia. Per la qual cosa io lo viddi sbigottito, perché e' pensava che avendola io fatta di cera in dua ore io la dovessi fare in dieci d'acciaro. Veduto poi che io non l'avevo potuta fare in dugento ore di cera, e dimandavo licenzia per andarmene alla volta di Francia, il perché lui si sturbava molto, e mi richiese che io gli facessi un rovescio a quella sua medaglia, almanco; e questo fu un caval Pegaseo in mezzo a una ghirlanda di mirto.
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