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      Ringraziato i gentiluomini, e noi molto ben ristorati, di quivi ci partimmo e passammo innanzi, ringraziando Idio, che ci aveva salvati da quel gran pericolo.
     
      XCVII. Arrivammo a una terra di là da Vessa: qui ci riposammo la notte, dove noi sentimmo a tutte l'ore della notte una guardia, che cantava in molto piacevol modo; e per essere tutte quelle case di quella città di legno di abeto, la guardia non diceva altra cosa, se non che s'avessi cura al fuoco. Il Busbacca, che era spaventato della giornata, a ogni ora che colui cantava, el Busbacca gridava in sogno, dicendo: - Ohimè Idio, che io affogo! - e questo era lo spavento del passato giorno; e arroto a quello, che s'era la sera inbriacato, perché volse fare a bere quella sera con tutti e' tedeschi che vi erano; e talvolta diceva: - Io ardo - e talvolta: - Io affogo -: gli pareva essere alcune volte innello 'nferno marterizzato con quel caviale al collo. Questa notte fu tanto piacevole, che tutti e' nostri affanni si erano conversi in risa. La mattina levatici con bellissimo tempo, andammo a desinare a una lieta terra domandata Lacca. Quivi fummo mirabilmente trattati; di poi pigliammo guide, le quali erano di ritorno a una terra chiamata Surich. La guida che menava, andava su per un argine d'un lago, e non v'era altra strada, e questo argine ancora lui era coperto d'acqua, in modo che la bestial guida sdrucciolò, e il cavallo e lui andorno sotto l'acqua. Io, che ero drieto alla guida a punto, fermato il mio cavallo, istetti a veder la bestia sortir dell'acqua; e come se nulla non fossi stato, ricominciò a cantare, e accennavami che io andassi innanzi.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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