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      Lui benissimo mi trattava, e io meglio lo pagavo. Di poi cercai di parlare al Re, al quale m'introdusse un certo messer Giuliano Buonaccorsi suo tesauriere. A questo io soprastetti assai, perché io non sapevo che il Rosso operava ogni diligenza, che io non parlassi al Re. Poiché il ditto messer Giuliano se ne fu avveduto, subito mi menò a Fontana Biliò e messemi drento inanzi al Re, da il quale io ebbi un'ora intera di gratissima audienza. E perché il Re era in assetto per andare alla volta di Lione, disse al ditto messer Giuliano che seco mi menassi, e che per la strada si ragionerebbe di alcune belle opere, che Sua Maestà aveva in animo di fare. Cosí me ne andavo insieme a presso al traino della Corte; e per la strada feci grandissima servitú col cardinale di Ferrara, il quale non aveva ancora il cappello. E perché ogni sera io avevo grandissimi ragionamenti con il ditto Cardinale, e Sua Signoria diceva che io mi dovessi restare in Lione a una sua badia, e quivi potrei godere in fine a tanto che il Re tornassi dalla guerra, che se ne andava alla volta di Granopoli, e alla sua badia in Lione io arei tutte le comodità. Giunti che noi fummo a Lione, io mi ero ammalato, e quel mio giovane Ascanio aveva preso la quartana; di sorte che m'era venuto a noia i franciosi e la lor Corte, e mi parea mill'anni di ritornarmene a Roma. Vedutomi disposto il Cardinale a ritornare a Roma, mi dette tanti dinari, che io gli facessi in Roma un bacino e un boccale d'ariento. Cosí ce ne ritornammo alla volta di Roma in su bonissimi cavalli, e venendo per le montagne del Sanpione; e essendomi accompagnato con certi franzesi, con li quali venimmo un pezzo, Ascanio con la sua quartana, e io con una febbretta sorda, la quale pareva che non mi lasciassi punto; e avevo sdegnato lo stomaco di modo, che io non credo che mi toccassi a mangiare un pane intero la settimana, e molto


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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