In questo messer Roberto Pucci, padre di messer Pandolfo, avendo inteso questa gran cosa, andò in persona per vederla; di poi se ne venne a Palazzo, dove si incontrò nel cardinal Cornaro, il quale disse tutto il seguíto, e sí come io ero in una delle sue camere di già medicato. Questi dua uomini da bene d'accordo si andorno a gittare inginocchioni dinanzi al Papa, il quale, innanzi che e' lasciassi lor dir nulla, lui disse: - Io so tutto quel che voi volete da me -. Messer Roberto Pucci disse: - Beatissimo Padre, noi vi domandiamo per grazia quel povero uomo, che per le virtú sue merita avergli qualche discrezione, e appresso a quelle, gli ha mostro una tanta bravuria insieme con tanto ingegno, che non è parsa cosa umana. Noi non sappiamo per qual peccati Vostra Santità l'ha tenuto tanto in prigione; però, se quei peccati fussino troppo disorbitanti, Vostra Santità è santa e savia, e facciane alto e basso la voluntà sua; ma se le son cose da potersi concedere, la preghiamo che a noi ne faccia grazia -. Il Papa a questo vergognandosi disse che m'aveva tenuto in prigione a riquisizione di certi sua - per essere lui un poco troppo ardito; ma che cognosciuto le virtú sue e volendocelo tenere appresso a di noi, avevamo ordinato di dargli tanto bene, che lui non avessi aùto causa di ritornare in Francia. Assai m'incresce del suo gran male; ditegli che attenda a guarire; e de' sua affanni, guarito che e' sarà, noi lo ristoreremo -. Venne questi dua omaccioni, e dettonmi questa buona nuova da parte del Papa.
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