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      Ancora mi si moriva e' denti in bocca; e di questo io m'avvedevo, perché sospinti i denti morti da quei ch'erano vivi, a poco a poco sofforavano le gengie, e le punte delle barbe venivano a trapassare il fondo delle lor casse. Quando me ne avvedevo gli tiravo, come cavargli d'una guaina, sanza altro dolore o sangue: cosí me n'era usciti assai bene. Pure accordatomi anche con quest'altri nuovi dispiaceri, quando cantavo, quando oravo, e quando scrivevo con quel matton pesto sopraditto; e cominciai un capitolo in lode della prigione, e in esso dicevo tutti quelli accidenti che da quella io avevo aúti; qual capitolo si scriverà poi al suo luogo.
     
      CXX. Il buon Castellano mandava ispesso segretamente a sentire quello che io facevo: e perché l'ultimo dí di luglio io mi rallegrai da me medesimo assai, ricordandomi della gran festache si usa di fare in Roma in quel primo dí d'agosto, da me dicevo: - Tutti questi anni passati questa piacevol festa io l'ho fatta con le fragilità del mondo; questo anno io la farò oramai con la divinità de Dio - e da me dicevo: - Oh quanto piú lieto sono io di questa che di quelle! - Quelli che mi udirno dire queste parole, il tutto riferirno al Castellano; il quale con maraviglioso dispiacere disse: - Oh Dio! colui trionfa e vive, in tanto male; e io istento in tante comodità, e muoio solo per causa sua! Andate presto e mettetelo in quella piú sotterrania caverna, dove fu fatto morire il predicatore Foiano di fame: forse che vedendosi in tanta cattività, gli potria uscire il ruzzo del capo -. Subito venne dalla mia prigione il capitano Sandrino Monaldi con circa venti di quei servitori del Castellano; e mi trovorno che io ero ginocchioni, e non mi volgevo alloro, anzi adoravo un Dio Padre addorno di Angeli e un Cristo risuscitante vittorioso, che io mi avevo disegnati innel muro con un poco di carbone, che io avevo trovato ricoperto dalla terra, di poi quattro mesi che io ero stato rovescio innel letto con la mia gamba rotta; e tante volte sognai che gli Angeli mi venivano a medicarmela, che di poi quattro mesi ero divenuto gagliardo come se mai rotta la non fussi stata.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
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