piú setoso di quel, del sangue umano,
né vipra mai piú venenoso morso;
quest'era un crudel ladro capitano,
'l maggior ribaldo, con certi altri tristi;
ma perché ogniun nol sappia il dirò piano.
Se avete birri affamati mai visti,
ch'entrino appegnorar un poveretto,
gittar per terra Nostredonne e Cristi,
il dí d'agosto vennon per dispetto
a tramutarmi una piú trista tomba:
- Novembre: ciascun sperso e maladetto -.
Ave' agli orecchi una tal vera tromba,
che 'l tutto mi diceva, ed io a loro,
sanza pensar, perché 'l dolor si sgombra.
E quando privi di speranza foro,
mi detton, per uccidermi, un diamante
pesto a mangiare, e non legato in oro.
Chiesi credenza a quel villan furfante,
che 'l cibo mi portava; e da me dissi:
- Non fu quel già 'l nimico mio durante -.
Ma prima i mie' pensieri a Dio remissi,
pregandol perdonassi 'l mio peccato;
e Miserere lacrimando dissi.
Del gran dolore alquanto un po' quietato,
rendendo volentieri a Dio quest'alma,
contento a miglior regno e d'altro stato,
scender dal Ciel con gloriosa palma
un Angel vidi; e poi con lieto volto
promisse al viver mio piú lunga salma,
dicendo a me: - Per Dio, prima fie toltoogni avversario tuo con aspra guerra,
restando tu filice, lieto e sciolto,
in grazia a Quel ch'è Padre in cielo e 'n terra.
LIBRO SECONDO
I. Standomi innel palazzo del sopraditto cardinal di Ferrara, molto ben veduto universalmente da ogniuno, e molto maggiormente visitato che prima non ero fatto, maravigliandosi ogni uomo piú dello essere uscito e vivuto infra tanti ismisurati affanni; in mentre che io ripigliavo il fiato, ingegnandomi di ricordarmi dell'arte mia, presi grandissimo piacere di riscrivere questo soprascritto capitolo.
| |
Nostredonne Cristi Dio Miserere Dio Ciel Angel Dio Padre Standomi Ferrara Dio Padre
|