Trovandoci a caso, facevamo quel viaggio molto piacevole insieme. Essendomi partito el lunedí santo di Roma, ce ne venimmo soli noi tre, e a Monteruosi trovai la ditta compagnia; e perché io avevo dato intenzione di andarmene col Cardinale, non pensavo che nissuno di quei miei nimici m'avessino aùto a vigilare altrimenti. Certo che io capitavo male a Monteruosi, perché innanzi a noi era istato mandato una frotta di uomini bene armati, per farmi dispiacere; e volse Idio che in mentre che noi desinavamo, loro, che avevano aùto indizio che io me ne venivo sanza il traino del Cardinale, erano messisi innordine per farmi male. In questo appunto sopraggiunse il detto traino del Cardinale, e con esso lietamente salvo me ne andai insino a Viterbo; ché da quivi in là io non vi conoscevo poi pericolo, e maggiormente andavo innanzi sempre parecchi miglia; e quegli uomini migliori che erano in quel traino, tenevano molto conto di me. Arrivai lo Iddio grazia sano e salvo a Viterbo, e quivi mi fu fatto grandissime carezze da quelle mie sorelle e da tutto il monisterio.
IV. Partitomi di Viterbo con i sopraddetti, venimmo via cavalcando, quando innanzi e quando indietro al ditto traino del Cardinale, di modo che il giovedí santo a ventidua ore ci trovammo presso Siena a una posta; e veduto io che v'era alcune cavalle di ritorno, e che quei delle poste aspettavano di darle a qualche passeggiere, per qualche poco guadagno, che alla posta di Siena le rimenassi; veduto questo, io dismontai del mio cavallo Tornon, e messi in su quella cavalla il mio cucino e le staffe, e detti un giulio a un di quei garzoni delle poste.
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