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      Pure, vestitomi di quella gratitudine che meritava il benifizio ricevuto, mi disposi aver pazienzia e vedere che fine aveva da 'vere questa faccenda; e messomi a lavorare con quei dua mia giovani, tirai molto maravigliosamente innanzi quel boccale e quel bacino. Dove noi eramo alloggiati era l'aria cattiva, e per venire verso la state, tutti ci ammalammo un poco. In queste nostre indisposizione andavamo guardando il luogo dove noi eramo, il quale era grandissimo, e lasciato salvatico quasi un miglio di terreno scoperto, innel quale era tanti pagoni nostrali, che come uccei salvatici ivi covavano. Avvedutomi di questo, acconciai il mio scoppietto con certa polvere senza far romore; di poi appostavo di quei pagoni giovani, e ogni dua giorni io ne ammazzavo uno, il quale larghissimamente ci nutriva, ma di tanta virtú che tutte le malattie da noi si partirno: e attendemmo quei parecchi mesi lietissimamente a lavorare, e tirammo innanzi quel boccale e quel bacino, quale era opera che portava molto gran tempo.
     
      VI. In questo tempo il Duca di Ferrara s'accordò con papa Pagolo romano certe lor differenze antiche, che gli avevano di Modana e di certe altre città; le quali, per averci ragione la Chiesa, il Duca fece questa pace col ditto Papa con forza di danari: la qual quantità fu grande: credo che la passassi piú di trecento mila ducati di Camera. Aveva il Duca in questo tempo un suo tesauriere vecchio, allievo del duca Alfonso suo padre, il quale si domandava messer Girolamo Giliolo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
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