Quel mandato del Re, non sapendo chi io mi fussi, vedutomi fare quelle grande offerte da parte del Re, mi chiese molte volte perdono. Pagolo e Ascanio dissono: - Idio ci ha aiutati ritornare in cosí onorato carruccio -. Di poi l'altro giorno io andai a ringraziare il Re, il quale m'impose che io gli facessi i modelli di dodici statue d'argento, le quali voleva che servissino per dodici candelieri intorno alla sua tavola: e voleva che fussi figurato sei Iddei e sei Iddee, della grandezza appunto di Sua Maestà, quale era poco cosa manco di quattro braccia alto. Dato che egli m'ebbe questa commessione, si volse al tesauriere de' risparmi e lo domandò se lui mi aveva pagato li cinquecento scudi. Disse che non gli era stato detto nulla. El Re l'ebbe molto per male, ché aveva commesso al Cardinale che gnene dicessi. Ancora mi disse che io andassi a Parigi, e cercassi che stanza fussi a proposito per far tale opere, perché me la farebbe dare. Io presi li cinquecento scudi d'oro e me ne andai a Parigi in una stanza del cardinale di Ferrara; e quivi cominciai innel nome di Dio a lavorare, e feci quattro modelli piccoli di dua terzi di braccio l'uno, di cera: Giove, Iunone, Appollo, Vulgano. In questo mezzo il Re venne a Parigi; per la qual cosa io subito lo andai a trovare, e portai i detti modelli con esso meco, insieme con quei mia dua giovani, cioè Ascanio e Pagolo. Veduto che io ebbi che il Re era sadisfatto delli detti modelli, e' m'impose per il primo che io gli facessi il Giove d'argento della ditta altezza.
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