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      Mostrai a Sua Maestà che quelli dua giovani ditti io gli avevo menati di Italia per servizio di Sua Maestà; e perché io me gli avevo allevati, molto meglio per questi principii avrei tratto aiuto da loro, che da quelli della città di Parigi. A questo il Re disse, che io facessi alli ditti dua giovani un salario qual mi paressi a me, che fussi recipiente a potersi trattenere. Dissi che cento scudi d'oro per ciascuno stava bene, e che io farei benissimo guadagnar loro tal salario. Cosí restammo d'accordo. Ancora dissi, che io aveva trovato un luogo il quale mi pareva molto a proposito da fare in esso tali opere; el ditto luogo si era di Sua Maestà particulare, domandato il Piccol Nello, e che allora lo teneva il provosto di Parigi, a chi Sua Maestà l'aveva dato; ma perché questo provosto non se ne serviva, Sua Maestà poteva darlo a me, che l'adoperrei per suo servizio. Il Re subito disse: - Cotesto luogo è casa mia; e io so bene che quello a chi io lo detti non lo abita, e non se ne serve; però ve ne servirete voi per le faccende nostre - e subito comandò al suo luogotenente, che mi mettessi in detto Nello. Il quale fece alquanto di resistenza, dicendo al Re che non lo poteva fare. A questo il Re rispose in còllora che voleva dar le cose sue a chi piaceva allui e a uomo che lo servissi, perché di cotestui non si serviva niente: però non gli parlassi piú di tal cosa. Ancora aggiunse il luogotenente, che saria di necessità di usare un poco di forza. Al quale il Re disse: - Andate adesso, e se la piccola forza non è assai, mettetevi della grande -. Subito mi menò al luogo ed ebbe a usar forza a mettermi in possessione: di poi mi disse che io m'avessi benissimo cura di non v'essere ammazzato.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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