Gli è ben vero che si dice: "Tu imparerai per un'altra volta". Questo non vale, perché la vien sempre con modi diversi e non mai immaginati.
XVIII. La mattina seguente subito detti principio alla gran saliera, e con sollecitudine quella con l'altre opere facevo tirare innanzi. Di già avevo preso di molti lavoranti, sí per l'arte della scultura, come per l'arte della oreficeria. Erano, questi lavoranti, italiani, franzesi, todeschi, e talvolta n'avevo buona quantità, sicondo che io trovavo de' buoni; perché di giorno in giorno mutavo, pigliando di quelli che sapevano piú, e quelli io gli sollecitavo di sorte che per il continuo affaticarsi (vedendo fare a me, che mi serviva un poco meglio la complessione che a loro, non possendo resistere alle gran fatiche, pensando ristorarsi col bere e col mangiare assai), alcuni di quei todeschi, che meglio sapevano che gli altri, volendo seguitarmi, non sopportò da loro la natura tale ingiurie, che quegli ammazzò. In mentre che io tiravo innanzi il Giove d'argento, vedutomi avanzare assai bene dell'argento, messi mano sanza saputa del Re a fare un vaso grande con dua manichi, dell'altezza d'un braccio e mezzo in circa. Ancora mi venne voglia di gittare di bronzo quel modello grande che io avevo fatto per il Giove d'argento; messo mano a tal nuova impresa, quale io non avevo mai piú fatta, e conferitomi con certi vecchioni di quei maestri di Parigi, dissi loro tutti e' modi che noi nella Italia usavono fare tal impresa. Questi a me dissono che per quella via non erano mai camminati, ma se io lasciavo fare sicondo i lor modi, me lo darebbon fatto e gittato tanto netto e bello, quant'era quello di terra.
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Giove Giove Parigi Italia
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