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      Un gran pezzo m'ero tribolato sopra questa cosa; all'utimo poi, preso per resoluzione d'andarmi con Dio, per non voler tentare tanto la mia perversa fortuna, che lei m'avessi fatto rompere il collo, quando io fui disposto in tutto e per tutto, e mosso i passi per dar presto luogo a quelle robe che io non potevo portar meco, e quell'altre sottile, il meglio che io potevo, accomodarle a dosso a me e miei servitori, pur con molto mio grave dispiacere faceva tal partita. Era rimasto solo innun mio studiolo; perché quei mia giovani, che m'avevano confortato che io mi dovessi andar con Dio, dissi loro, che gli era bene che io mi consigliassi un poco da per me medesimo; con tutto ciò che io conoscevo bene che loro dicevano in gran parte il vero; perché da poi che io fussi fuor di prigione e avessi dato un poco di luogo a questa furia, molto meglio mi potrei scusare con il Re, dicendo con lettere questo tale assassinamento fattomi sol per invidia. E sí come ho detto, m'ero risoluto a far cosí; e mossomi, fui preso per una spalla e volto, e una voce che disse animosamente: - Benvenuto, come tu suoi, e non aver paura -. Subito presomi contrario consiglio da quel che avevo fatto, i' dissi a quei mia giovani taliani: - Pigliate le buone arme e venite meco, e ubbidite a quanto io vi dico, e non pensate ad altro, perché io voglio comparire. Se io mi partissi, voi andresti l'altro dí tutti in fumo; sí che ubbidite e venite meco -. Tutti d'accordo quelli giovani dissono: - Da poi che noi siamo qui e viviamo del suo, noi doviamo andar seco e aiutarlo insinché c'è vita a ciò che lui proporrà; perché gli ha detto piú il vero che noi non pensavamo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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