Questa ribaldella puttana iscelleratamente disse iscoperto e chiaro il brutto modo che la voleva dire. Io gnene feci raffermare tre volte l'uno appresso a l'altro; e ditto che l'ebbe, io dissi ad alta voce: - Signor giudice, luogotenente del Re Cristianissimo, io vi domando giustizia; perché io so che le legge del Cristianissimo Re a tal peccato promettono il fuoco a l'agente e al paziente; però costei confessa il peccato: io non la cognosco in modo nessuno: la ruffiana madre è qui che per l'un delitto e l'altro merita il fuoco; io vi domando iustizia -. E queste parole replicavo tanto frequente e ad alta voce, sempre chiedendo il fuoco per lei e per la madre: dicendo al giudice, che se non la metteva prigione alla presenza mia, che io correrei al Re, e direi la ingiustizia che mi faceva un suo luogotenente cherminale. Costoro a questo mio gran romore cominciorno a 'bassar le voci; allora io l'alzavo piú: la puttanella a piagnere insieme con la madre, e io al giudice gridavo: - Fuoco, fuoco -. Quel poltroncione, veduto che la cosa non era passata in quel modo che lui aveva disegnato, cominciò con piú dolce parole a iscusare il debole sesso femminile. A questo, io considerai che mi pareva pure d'aver vinto una gran pugna, e borbottando e minacciando, volentieri m'andai con Dio; che certo arei pagato cinquecento scudi a non v'esser mai comparso. Uscito di quel pelago, con tutto il cuore ringraziai Idio, e lieto me ne tornai con i mia giovani al mio castello.
XXXI. Quando la perversa fortuna, o sí veramente vogliam dire quella nostra contraria istella, toglie a perseguitare uno uomo, non gli manca mai modi nuovi da mettere in campo contro a di lui.
| |
Re Cristianissimo Cristianissimo Re Dio Idio
|