- Allora mi disse che costui l'aveva tenuta segretissima, e che l'aveva aúta con grandissima difficultà, perché il Re non gnene voleva dare; ma le sollecitudine di madama di Tampes solo gnene avevan fatto avere. Io sentitomi a questo modo offeso e a cosí gran torto, e veduto tormi un'opera la quale io m'avevo guadagnata con le mia gran fatiche, dispostomi di fare qualche gran cosa di momento con l'arme, difilato me n'andai a trovare il Bologna. Trava'lo in camera sua, e inne' sua studii: fecemi chiamare drento, e con certe sue lombardesche raccoglienze mi disse qual buona faccenda mi aveva condotto quivi. Allora io dissi: - Una faccenda bonissima e grande -. Quest'uomo commesse ai sua servitori che portassino da bere, e disse: - Prima che noi ragioniamo di nulla, voglio che noi beviamo insieme; che cosí è il costume di Francia -. Allora io dissi: - Misser Francesco, sappiate che quei ragionamenti che noi abbiamo da fare insieme non richieggono il bere imprima: forse dappoi si potria bere -. Cominciai a ragionar seco dicendo: - Tutti gli uomini che fanno professione di uomo dabbene, fanno le opere loro che per quelle si cognosce quelli essere uomini dabbene; e faccendo il contrario, non hanno piú il nome di uomo da bene. Io so che voi sapevi che il Re m'aveva dato da fare quel gran colosso, del quale s'era ragionato diciotto mesi, e né voi né altri mai s'era fatto innanzi a dir nulla sopracciò; per la qual cosa con le mie gran fatiche io m'ero mostro al gran Re, il quale, piaciutogli i mia modelli, questa grande opera aveva dato a fare a me; e son tanti mesi che non ho sentito altro: solo questa mattina ho inteso che voi l'avete aúta e toltola a me; la quale opera io me la guadagnai con i mia maravigliosi fatti, e voi me la togliete solo con le vostre vane parole.
| |
Tampes Bologna Francia Francesco
|