E perché Sua Eccellenzia vedessi quanto io avevo voglia di servirla, di già io avevo trovato la casa, la quale era a mio proposito, ed era in luogo che molto mi piaceva. E perché io non volevo prima intaccare Sua Eccellenzia a danari o nulla, che egli vedessi l'opere mie, avevo portato di Francia dua gioielli, coi quali io pregavo Sua Eccellenzia che mi comperassi la ditta casa, e quelli salvassi insino attanto che con l'opere e con le mie fatiche io me la guadagnassi. Gli detti gioielli erano benissimo lavorati di mano di mia lavoranti, sotto i mia disegni. Guardati che gli ebbe assai, disse queste animose parole, le quali mi vestirno di falsa isperanza: - Togliti, Benvenuto, i tua gioielli, perché io voglio te e non loro; e tu abbi la casa tua libera -. Appresso a questo me ne fece uno rescritto sotto una mia supplica, la quale ho sempre tenuta. Il detto rescritto diceva cosí: "Veggasi la detta casa, e a chi sta a venderla, e il pregio che se ne domanda; perché ne vogliamo compiacere Benvenuto". Parendomi per questo rescritto esser sicuro della casa; perché sicuramente io mi promettevo che le opere mie sarebbono molto piú piaciute di quello che io avevo promesso; appresso a questo Sua Eccellenzia aveva dato espressa commessione a un certo suo maiordomo il quale si domandava ser Pier Francesco Riccio. Era da Prato, ed era stato pedantuzzo del ditto Duca. Io parlai a questa bestia, e dissigli tutte le cose di quello che io avevo di bisogno, perché dove era orto in detta casa io volevo fare una bottega.
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