Essendomi resoluto di spedirmi il piú presto che io potevo, e andarmene sanza licenzia del Duca o d'altro, una mattina quel sopra ditto maiordomo da per se medesimo molto umilmente mi chiamò, e messe mano a una certa sua pedantesca orazione, innella quale io non vi senti' mai né modo né grazia, né virtú, né principio, né fine: solo v'intesi che disse che faceva professione di buon cristiano, e che non voleva tenere odio con persona, e mi domandava da parte del Duca che salario io volevo per mio trattenimento. A questo io stetti un poco sopra di me e non rispondevo, con pura intenzione di non mi voler fermare. Vedendomi soprastare sanza risposta, ebbe pur tanta virtú che egli disse: - O Benvenuto, ai duchi si risponde; e quello che io ti dico te lo dico da parte di Sua Eccellenzia -. Allora io dissi
che dicendomelo da parte di Sua Eccellenzia, molto volentieri io volevo rispondere; e gli dissi che dicessi a Sua Eccellenzia come io non volevo esser fatto secondo a nessuno di quelli che lui teneva della mia professione. Disse il maiordomo: - Al Bandinello si dà dugento scudi per suo trattenimento, sicché, se tu ti contenti di questo, il tuo salario è fatto -. Risposi che ero contento, e che quel che io meritassi di piú, mi fussi dato da poi vedute l'opere mie, e rimesso tutto nel buon giudizio di Sua Eccellenzia illustrissima: cosí contra mia voglia rappiccai il filo e mi messi a lavorare, faccendomi di continuo il Duca i piú smisurati favori che si potessi al mondo immaginare.
LVI. Avevo aùto molto ispesso lettere di Francia da quel mio fidelissimo amico messer Guido Guidi: queste lettere per ancora non mi dicevano se non bene; quel mio Ascanio ancora lui m'avvisava dicendomi che io attendessi a darmi buon tempo, e che, se nulla occorressi, me l'arebbe avvisato.
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