Se bene io cognosco d'avere attenuto molto piú a Sua Maestà di quello che io mi offersi di fare: e se bene a me non è conseguito il cambio promissomi, d'altro non mi curo al mondo, se non di restare, nel concetto di Sua Maestà, uomo da bene e netto, tal quale io fui sempre. E se nessun dubbio di questo fussi in Vostra Maestà, a un minimo cenno verrò volando a render conto di me, con la propia vita: ma vedendo tener cosí poco conto di me, non son voluto tornare a offerirmi, saputo che a me sempre avanzerà del pane dovunche io vada: e quando io sia chiamato, sempre risponderò -. Era in detta lettera molti altri particulari degni di quel maraviglioso Re e della salvazione dell'onor mio. Questa lettera, innanzi che io la mandassi, la portai al mio Duca, il quale ebbe molto piacere di vederla; di poi subito la mandai in Francia, diritta al cardinal di Ferrara.
LX. In questo tempo Bernardone Baldini, sensale di gioie di Sua Eccellenzia, aveva portato di Vinezia un diamante grande, di piú di trentacinque carati di peso: eraci Antonio di Vittorio Landi ancora lui interessato per farlo comperare al Duca. Questo diamante era stato già una punta, ma perché e' non riusciva con quella limpidità fulgente, che a tal gioia si doveva desiderare, li padroni di esso diamante avevano ischericato questa ditta punta, la quale veramente non faceva bene né per tavola né per punta. Il nostro Duca, che si dilettava grandemente di gioie, ma però non se ne intendeva, dette sicura isperanza a questo ribaldone di Bernardaccio di volere comperare questo ditto diamante.
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