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      Io ero venuto in tanto furore, col quale io le dissi: - Levamiti d'innanzi, vituperosa puttana, che se non fussi per onor di mondo e per la innocenzia di quello infelice figliuolo che tu hai quivi, io ti arei di gią iscannata con questo pugnaletto, che dua o tre volte ci ho messo su le mane -. E con queste parole, con molte villane urtate, lei e 'l figliuolo pinsi fuor di casa.
     
      LXII. Considerato poi da me la ribalderia e possanza di quel mal pedante, giudicai che il mio meglio fussi di dare un poco di luogo a quella diavoleria, e la mattina di buon'ora, consegnato alla mia sorella gioie e cose per vicino a dumila scudi, montai a cavallo e me ne andai alla volta di Vinezia, e menai meco quel mio Bernardino di Mugello. E giunto che io fui a Ferrara, io scrissi alla Eccellenzia del Duca che se bene io me n'ero ito sanza esserne mandato, io ritornerei sanza esser chiamato. Di poi, giunto a Vinezia, considerato con quanti diversi modi la mia crudel fortuna mi straziava, niente di manco trovandomi sano e gagliardo mi risolsi di schermigliar con essa al mio solito. E in mentre andavo cosķ pensando a' fatti miei, passandomi tempo per quella bella e ricchissima cittą, avendo salutato quel maraviglioso Tiziano pittore e Iacopo del Sansovino, valente scultore e architetto nostro fiorentino molto ben trattenuto dalla Signoria di Venezia, e per esserci conosciuti nella giovanezza in Roma e in Firenze come nostro fiorentino, questi duoi virtuosi mi feciono molte carezze.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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