Il Duca, subito che e' lo vide, gli disse che e' se gli levassi d'inanzi. Allora il detto ribaldone con quella sua vociaccia, che ei la sonava per il suo nasaccio d'asino, disse: - Deh! Signor mio, comperate questo vezzo a quella povera Signora, la quale se ne muor di voglia, e non può vivere sanz'esso -. E aggiugnendo molte altre sue sciocche parolaccie, ed essendo venuto affastidio al Duca, gli disse: - O tu mi ti lievi d'inanzi, o tu gonfia un tratto -. Questo ribaldaccio, che sapeva benissimo quello che lui faceva, perché se o per via del gonfiare o per cantare La bella Franceschina, ei poteva ottenere che 'l Duca facessi quella compera, egli si guadagnava la grazia della Duchessa e di piú la sua senseria, la quale montava parecchi centinaia di scudi: e cosí egli gonfiò. Il Duca gli dette parecchi ceffatoni in quelle sue gotaccie, e per levarselo d'inanzi ei gli dette un poco piú forte che e' non soleva fare. A queste percosse forti in quelle sue gotaccie, non tanto l'esser diventate troppo rosse, che e' ne venne giú le lacrime. Con quelle ei cominciò a dire: - Eh! Signore, un vostro fidel servitore, il quale cerca di far bene e si contenta di comportare ogni sorte di dispiacere, pur che quella povera Signora sia contenta -. Essendo troppo venuto affastidio al Duca questo uomaccio, e per le gotate e per amor della Duchessa, la quale Sua Eccellenzia illustrissima sempre volse contentare, subito disse: - Levamiti d'inanzi col malanno che Dio ti dia, e va, fanne mercato, che io son contento di far tutto quello che vuole la signora Duchessa -. Or qui si conosce la rabbia della mala fortuna inverso d'un povero uomo e la vituperosa fortuna a favorire uno sciagurato: io mi persi tutta la grazia della Duchessa, che fu buona causa di tormi ancor quella del Duca; e lui si guadagnò quella grossa senseria e la grazia loro: sí che e' non basta l'esser uomo dabbene e virtuoso.
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