Or siccome piacque a Dio, subito che la fu veduta, ei si levò un grido tanto smisurato in lode della detta opera, la qual cosa fu causa di consolarmi alquanto. E non restavano i popoli continuamente di appiccare alle spalle della porta, che teneva un poco di parato, in mentre che io le davo la sua fine. Io dico che 'l giorno medesimo, che la si tenne parecchi ore scoperta, e' vi fu appiccati piú di venti sonetti, tutti in lode smisuratissime della mia opera; dappoi che io la ricopersi, ogni dí mi v'era appiccati quantità di sonetti e di versi latini e versi greci; perché gli era vacanza allo Studio di Pisa, tutti quei eccellentissimi dotti e gli scolari facevano a gara. Ma quello che mi dava maggior contento, con isperanza di maggior mia salute inverso 'l mio Duca, si era che quegli dell'arte, cioè scultori e pittori, ancora loro facevano aggara a chi meglio diceva. E infra gli altri, quale io stimavo piú, si era il valente pittore Iacopo da Puntorno, e piú di lui il suo eccellente Bronzino, pittore, che non gli bastò il farvene appiccare parecchi, che egli me ne mandò per il suo Sandrino insino a casa mia, i quali dicevano tanto bene, con quel suo bel modo, il quale è rarissimo, che questo fu causa di consolarmi alquanto. E cosí io la ricopersi, e mi sollicitavo di finirla.
XCI. Il mio Duca, con tutto che Sua Eccellenzia avessi sentito questo favore che m'era stato fatto di quel poco della vista da questa eccellentissima Scuola, disse: - Io n'ho gran piacere che Benvenuto abbia aùto questo poco del contento, il quale sarà cagione che piú presto e con piú diligenzia ei le darà la sua desiderata fine; ma non pensi che poi, quando la si vedrà tutta scoperta e che la si potrà vedere tutta all'intorno, che i popoli abbino a dire a questo modo; anzi gli sarà scoperto tutti i difetti che vi sono, e appostovene di molti di quei che non vi sono; sí che armisi di pazienza -. Ora queste furno parole del Bandinello dette al Duca, con le quale egli allegò delle opere d'Andrea del Verocchio, che fece quel bel Cristo e San Tommaso di bronzo, che si vede nella facciata di Orsamichele; e allegò molte altre opere, insino al mirabil Davitte del divino Michelagnolo Buonaroti, dicendo che ei non si mostrava bene se non per la veduta dinanzi; e dipoi disse del suo Ercole e Cacco gli infiniti e vituperosi sonetti che ve gli fu appiccati, e diceva male di questo popolo.
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