Allora e' non v'era lo Sbietta. Appressandosi alla sera, noi cenammo tutti insieme molto piacevolmente: di poi mi fu dato una onorevol camera, dove io mi riposai innun pulitissimo letto; e a dua mia servitori fu dato loro il simile, secondo il grado loro. La mattina, quando mi levai, e' mi fu fatto le medesime carezze. Andai a vedere il mio podere, il quale mi piacque: e mi fu consegnato tanto grano e altre biade; e di poi, tornatomene a Vicchio, il prete ser Filippo mi disse: - Benvenuto, non vi dubitate; che se bene voi non vi avessi trovato tutto lo intero di quello che e' v'è stato promesso, state di buona voglia, che e' vi sarà attenuto da vantaggio, perché voi vi siete impacciato con persone dabbene: e sappiate che cotesto lavoratore noi gli abbiamo dato licenzia, perché gli è un tristo -. Questo lavoratore si chiamava Mariano Rosegli, il quale piú volte mi disse: - Guardate bene a' fatti vostri, che alla fine voi conoscerete chi sarà di noi il maggior tristo -. Questo villano, quando ei mi diceva queste parole, egli sogghignava innun certo mal modo, dimenando 'l capo, come dire: - Va pur là, che tu te n'avvedrai -. Io ne feci un poco di mal giudizio, ma io non mi immaginavo nulla di quello che mi avvenne. Ritornato dal podere, il quale si è due miglia discoste da Vicchio, inverso l'alpe, trovai il detto prete, che colle sue solite carezze mi aspettava; cosí andammo a fare colezione tutti insieme: questo non fu desinare, ma fu una buona colezione. Dipoi andandomi a spasso per Vicchio, di già egli era cominciato il mercato; io mi vedevo guardare da tutti quei di Vicchio come cosa disusa da vedersi, e piú che ogni altri da un uomo dabbene, che si sta, di molti anni sono, in Vicchio, e la sua moglie fa del pane a vendere.
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