Il libro del Cennini è il solo che s’abbia intorno alla manualità e al pratico esercizio dell’arte dopo la rinascita delle Belle Arti; perchè gli scrittori che vennero dopo e trattarono della pittura, intesero più alle speculazioni, che ad istruire nelle industrie e negli avvedimenti applicati all’esercizio di essa. Avvi anche un altro pregio nella sua opera: quello cioè della lingua, sia perchè è il primo trattato tecnico scritto in volgare, sia perchè fa ricca la lingua in quella parte dove più scarseggia, vale a dire nei vocaboli attenenti all’arte.
Il Cennini dichiara nel Proemio (che ci fa sospettare avere egli conosciuto l’opera di Teofilo Monaco, per certe corrispondenze e riscontri di idee) d’aver composto il suo libro a utilità, bene e guadagno di chi alla detta arte vorrà pervenire. Fa Adamo inventore della pittura, la quale pone a sedere in secondo grado alla scienza, coronandola di poesia. E come in tutte le cose e faccende solevano quei buoni antichi metter sempre innanzi il nome di Dio, dice di averlo fatto a riverenza di Dio e de’ Santi che quivi nomina, invocando la Santissima Trinità, la Vergine Maria, San Luca Evangelista «primo pittore cristiano,» Sant’Eustachio suo particolare avvocato, e tutti generalmente i Santi e Sante del Paradiso. Avvi in quelle due pagine una elevazione di pensieri e di linguaggio, che mostra di quali spiriti fossero allora informati gli artisti, e come del senso morale facessero fondamento a ogni cosa, e della morale bellezza vestissero parole ed opere.
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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze 1859
pagine 275 |
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