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Probabilmente il Trattato di Cennino fu divulgato e conosciuto sino da’ tempi non molto dall’autore lontani; ma il primo che ne faccia menzione è, come abbiamo veduto, Giorgio Vasari. Egli conobbe questo libro per l’esemplare che ne aveva Giuliano orafo senese, il quale senza forse è quel Giuliano di Niccolò Morelli, detto Barba, che nel dicembre del 1547 è deputato a lodare sopra certe figure di stucco fatte dal pittore ed architetto Bartolommeo Neroni, detto maestro Riccio, per la compagnia della Morte di Siena.16
Sostiene il Tambroni, che il Vasari non leggesse mai il libro del Cennini, o ne leggesse poco e senza intenderlo: e ne porta in prova i capitoli xxxviii e xxxix, dove si parla della sinopia e della cinabrese, delle quali terre, dice il Vasari che Cennino lasciò di far menzione. Ma poi nega che il Cennini trattasse de’ musaici, come afferma il Vasari; perchè, secondo lui, Cennino non ha una sola parola di questo modo di lavorare. E noi al contrario diciamo, che il Vasari afferma il vero; perchè nell’esemplare da lui veduto erano i capitoli clxxi e clxxii, dove si discorre appunto del vetro da musaico, e sono tra quei quarantacinque, ridotti da noi a diciassette ed aggiunti alla presente edizione, i quali nel codice pubblicato dal Tambroni mancano affatto. Soprattutto poi duole all’editore romano che il Vasari abbia detto, non avere il Cennini trattato del macinare i colori a olio per far figure, mentre nel xciii dice chiaro che si possono dipingere in questo modo anco le incarnazioni.
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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze 1859
pagine 275 |
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