Ma o perchè l’amanuense era uno straniero, o perchè il codice da dove egli trasse la sua copia fosse di scrittura malagevole a leggersi, la stampa procuratane dal Tambroni abbonda di errori, di malintesi, e di controsensi, non ostante che egli vi usasse ogni maggiore studio e diligenza per fare buona e corretta la lezione, e fosse aiutato ancora dai consigli e dall’opera di due valenti letterati romani, che furono Girolamo Amati e Salvatore Betti.19
Pure il Tambroni sapeva che nella Mediceo-Laurenziana era un codice di questo Trattato, scritto nel secolo XV: ma egli non volle nè porlo a riscontro coll’Ottoboniano, e nemmeno consultarlo. Della quale omissione fu giustamente appuntato da Antonio Benci;20 nè egli cercò di difendersi con altra ragione, se non di non aver voluto commettere ad altri quel raffronto, dubitando che non gli fosse tolto il frutto di tante sue fatiche, col pubblicare quel codice innanzi a lui; e di avere arguito, dalla descrizione fattane dal Bandini, e dal non esser quel Trattato nè messo alle stampe nè letto dai Toscani, che il Laurenziano fosse un codice così informe e guasto, da non meritare d’essere veduto ed esaminato.21
Il Benci prese a notare alcuni degli errori più gravi della stampa romana, aiutandosi di un esemplare di esso Trattato scritto nel secolo xvi, e da lui ritrovato nella Biblioteca Riccardiana, nel codice segnato di n.° 2190.22
Nè il codice Ottoboniano è da aversi in poco pregio solamente per gli errori da cui è viziato; ma più ancora per mancare di parecchi capitoli, che si leggono nel Laurenziano e nel Riccardiano, pei quali l’opera del Cennini viene reintegrata in ogni sua parte.
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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze 1859
pagine 275 |
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