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      Poi abbi polvere di smeriglio, e valla bene acconciando, senza abbi taglio, pure un poco di schiena; ritonda bene in ne’ canti. Poi la commetti in uno manichetto di legno con ghiera d’ottone o di rame; e da capo fa’ che ’l manico sia ben ritondo e pulito, acciò che la palma della mano vi si posi ben su. Poi dàlle il lustro per questo modo. Abbi un proferito ben piano: mettivi su polvere di carbone; e con questa pietra, inforcandola bene in mano sì come brunissi, va’ brunendo su per lo proferito; e avviene che la tua pietra si assoda, e diviene ben negra e rilucente che pare un diamante. Allora se ne vuole avere gran guardia, che non si percuota, nè tocchi ferro. E quando la vuoi adoperare per brunire oro o ariento, tiella prima in seno per cagione che non senta di nessuna umidezza, chè l’oro è molto schifo.
      CAPITOLO CXXXVII.
      Come si dee brunire l’oro, o porre rimedii quando non si potesse brunire.
      Ora è di bisogno di brunire l’oro, perchè n’è venuto il tempo suo. Egli è vero che di verno tu puoi mettere d’oro quanto vuoi, essendo il tempo umido e morbido, e non alido. Di state, un’ora mettere d’oro, un’altra brunire. Mo sarà egli troppo fresco, e verrà una cagione che ti converrà brunire? tiello in luogo che senta alcun vampore di caldo, o dell’aiere. Mo sarà troppo secco? tiello in luogo umido, sempre coverto; e, quando lo vuoi ben brunire, scuoprilo piano con sentimento, chè ogni piccola fregatura gli dà impaccio. Mettendolo in canove a pie’ delle veggie, o ver botti, riviene da brunire.


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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze
1859 pagine 275

   





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