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      CAPITOLO CXLVIII.
      Il modo di colorire un uomo morto, le capellature, e le barbe.
      Appresso di questo parleremo del modo del colorire un uomo morto, cioè il viso, il casso, e dove in ciascun luogo mostrasse lo ignudo, così in tavola come in muro: salvo che in muro non bisogna per tutto campeggiare con verdeterra; pur che sia dato innanzi o vero in mezzo tra l’ombre e le incarnazioni, basta. Ma in tavola campeggia all’usato modo, sì come informato ho d’un viso colorito o vivo; e, per lo usato modo, col medesimo verdaccio aombra. E non dare rosetta alcuna, chè ’l morto non ha nullo colore; ma togli un poco d’ocria chiara, e digrada da questa tre gradi d’incarnazione, pur con biacca, e temperali a modo usato; dando di queste tali incarnazioni catuna nel luogo suo, sfummando bene l’una con l’altra, sì in nel viso, sì per lo corpo. E per lo simile, quando l’hai appresso che coperta, fa’ di questa chiara un’altra incarnazione più chiara, tanto che riduca le maggiori stremità de’ rilievi a biacca pura. E così profila ogni contorno di sinopia scura con un poco di nero temperato; e chiamerassi sanguigno. E per lo medesimo modo le capellature (ma non che paiano vive, ma morte) con verdacci di più ragioni. E come ti mostrai più ragioni e modi di barbe in muro, per quel modo fa’ in tavola; e così ogni osso di cristiano, o di creature razionali, fa’ di queste incarnazioni sopraddette.
      CAPITOLO CXLIX.
      Come dèi colorire un uomo ferito, o ver la ferita.
      A fare o ver colorire un uomo fedito, o ver fedita, togli cinabro puro; fa’ che campeggi dove vuoi fare sangue.


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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze
1859 pagine 275