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      Precipitò Ronzinante, e il suo padrone rotolò buona pezza per la campagna, né poté rialzarsi giammai per quanto si sforzasse, tanto impaccio gli davano la lancia, la targa, gli sproni e la celata, in un col peso della sua vecchia armatura. E mentre attendeva a cercar di rizzarsi, ma senza riuscirvi, tuttavia gridava: "Non fuggite, o codardi, o schiavi! attendetemi, ché non per mia colpa ma del cavallo sono qui disteso." Uno di quei vetturali, che doveva esser uomo di poco buon cuore, nel sentire le smargiasserie di quel povero caduto non poté tollerarle senza fargli provare fino alle costole il suo risentimento; e perciò avvicinatosi a lui, prese la lancia, e fattala in pezzi, con uno di questi cominciò a battere tanto duramente il nostro don Chisciotte, che, a dispetto e in onta delle arme sue, lo macinò come grano al molino. Gli gridavano gli altri ad alta voce che desistesse, che lo lasciasse; ma colui era sì invelenito che non si tolse da quel gioco finché non ebbe soddisfatta la collera; e raccolti gli altri pezzi della lancia, non cessò mai se prima non gli ebbe ridotti a schegge sopra l'infelice caduto. A fronte di tanta tempesta di percosse che gli piovevan addosso, don Chisciotte, non che tacere, minacciava il cielo e la terra e que' malandrini, come egli ora chiamava i mercanti. Si stancò finalmente il vetturale, e tutti proseguirono il loro cammino, avendo di che occuparsi nel raccontare la bastonatura del pover'uomo, lasciato malconcio e fracassato. Egli, dappoiché si vide solo, tornò a tentar di rialzarsi; ma se questo non gli era stato possibile mentre era sano e gagliardo, come riuscirvi allora pesto a quel modo?


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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