Pagina (39/1298)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E nondimeno si reputava felice parendogli che quella fosse sventura da cavaliere errante, ed attribuendola a sola colpa del suo cavallo: ma ad ogni modo non poteva rizzarsi in piedi, tanto il corpo suo era fracassato dalle ricevute percosse!
     
      CAPITOLO V
     
      ANCORA DELLA DISGRAZIA AVVENUTA AL NOSTRO CAVALIERE.
     
      Conoscendo poi don Chisciotte che non potea muoversi da sé solo, pensò di ricorrere al suo consueto rimedio, che era di meditare intorno a qualche passo de' libri suoi; e la bile gli ridusse nella memoria quello di Baldovino e del marchese di Mantova, quando Carlotto lo abbandonò ferito sopra una montagna; storia nota ai bambini, non isconosciuta ai giovani, celebrata e creduta dai vecchi, ma con tutto questo non punto più vera dei miracoli di Maometto. Gli parve che questa calzasse appuntino allo stato in cui si trovava, e perciò mostrando di provare un dolore gravissimo, cominciò a voltarsi per terra, ripetendo con fioca voce quello appunto ch'è fama dicesse il ferito cavaliere del bosco.
     
      Dove stai, vaga signora,
      Che non duolti del mio mal?
      O il mio mal da te s'ignoraO sei falsa e disleal.
     
      E di questo passo andava proseguendo la canzone sino a quei versi che dicono:
     
      O di Mantova marchese,
      O mio zio e signor carnal.
     
      Ma volle la sorte che in quel momento passasse di là un contadino del suo paese e vicino suo, che tornava dal mulino dove aveva condotta una soma di grano. Vedendo egli un uomo steso in terra a quel modo, se gli fece dappresso, gli domandò chi fosse, e che male avesse, che tanto si lamentava.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





Chisciotte Baldovino Mantova Carlotto Maometto Mantova