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      Don Chisciotte credette senza alcun dubbio che colui fosse il marchese di Mantova suo zio; però invece di ogni risposta proseguì la romanza colla quale lo informava della sua sventura e degli amori del figlio dell'imperatore con la sua sposa, nel modo appunto che si canta nella canzone. Il contadino meravigliato di quelle stranezze, gli levò la visiera, già pesta dalle percosse, e si diede a nettargli la faccia ch'era tutta coperta di polvere; né gliela ebbe appena nettata che subito lo conobbe, e gli disse: "Signor Chisciada (così soleva chiamarsi quand'aveva buon giudizio, e prima di cambiarsi da tranquillo idalgo in cavaliere errante), chi trattò per tal modo vossignoria?" Egli non rispondeva, ma ad ogni domanda ripigliava la sua canzone. Laonde il buon uomo con tutta la possibile diligenza gli trasse la corazza e gli spallacci per conoscere s'era stato ferito; ma non trovò né sangue né segno alcuno. Procurò pertanto di rizzarlo da terra, e con molta fatica giunse a metterlo attraverso del suo giumento, sembrandogli più agiata cavalcatura. Raccolse l'arme tutte, fino alle schegge della lancia, e le buttò in un fascio sopra Ronzinante, poi preso questo per la cavezza, s'incamminò verso la sua Terra, non senza grande apprensione nel sentire gli spropositi che dicea don Chisciotte; il quale tutto confuso e mal reggendosi sull'asino, talmente era pesto! di tanto in tanto mandava sospiri che giugnevano al cielo. Il villano gli domandò di nuovo che mal si sentisse; ma pareva che il diavolo a bella posta gli riducesse alla memoria le avventure tutte che avevano somiglianza con quella sua.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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