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      - Frestone avrà detto, replicò don Chisciotte: - Non so dire, riprese la serva, se si chiamasse Frestone o Fritone e posso soltanto affermare che in tone terminava il suo nome. - Così è per lo appunto, disse don Chisciotte: è costui un savio incantatore, mio grande e dichiarato nemico. Egli mi odia perché la sua negromanzia gli fa prevedere che io debbo col tempo combattere in singolare tenzone con un cavaliere da lui protetto, e vincerlo senza ch'egli lo possa salvare. Per questo egli a tutto suo potere procura di farmi dispetto: ma io gli dico che mal potrà contrastarmi né opporsi a quello che il cielo ha ordinato. - E chi ne dubita? disse la nipote. Tuttavolta chi obbliga mai vossignoria, signor zio, a impacciarsi in siffatte brighe? Non sarebbe miglior consiglio di restarsene pacificamente in casa anziché andar pel mondo a cercar miglior pane che di frumento, senza riflettere che tanti vanno per lana e tornano spelacchiati? - O nipote mia, rispose don Chisciotte, quanto v'ingannate: prima che alcuno mi tratti come voi dite, pelerò il mento a quanti mai si figurassero di torcermi pur un capello." Si tacquero ambedue le donne, vedendo ch'egli già avvampava di sdegno. Fatto sta, che per quindici giorni don Chisciotte rimase in casa tranquillo, senza dar segno veruno di ricadere nei suoi primi vaneggiamenti; e in quei giorni s'intrattenne parlando molto piacevolmente col curato, col barbiere e coi suoi compari, sostenendo però che il mondo aveva sopratutto bisogno dei cavalieri erranti, e che in lui risuscitasse l'antica cavalleria.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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