Questo, o signori, è l'essere vero cavaliere errante, questo è l'ordine di cavalleria da me poc'anzi accennato, nella quale, come prima d'ora v'ho detto, io, benché peccatore, ho fatto la professione, e mi esercito allo stesso modo dei cavalieri soprannarrati. Io dunque me ne vado errando per queste solitudini e deserti in traccia di avventure, con deliberato animo di offrire il mio braccio e la mia persona ai cimenti più perigliosi che mi presenti la sorte per soccorrere i deboli, ed ognuno cui fia necessario il mio ministerio."
Uditi tali ragionamenti, finirono di assicurarsi quei passeggeri che don Chisciotte era uscito dal senno, e conobbero il genere di follia che lo dominava, di che restarono meravigliati come accadeva a tutti coloro che per la prima volta se ne accorgevano. Vivaldo, come uomo di molto buon senso e faceto, per rallegrare il cammino che ancor rimaneva al sito del mortorio, diede eccitamento ai pazzi discorsi di don Chisciotte, dicendogli: "Sembrami, signor cavaliere errante, che vossignoria siasi dedicata ad una delle più rigorose professioni di tutto il mondo, e sono di avviso che non sia altrettanto stretta quella dei Certosini. - Ben potrebbe essere altrettanto stretta, rispose il nostro don Chisciotte; ma sono a due dita dal porre in dubbio s'ella sia altrettanto necessaria al mondo; perché, se debbo dire il vero, il soldato che eseguisce gli ordini del suo capitano non fa meno del capitano stesso il quale comanda: e voglio inferire che i religiosi con tutta pace e tranquillità implorano il cielo propizio alla terra: ma noi soldati e cavalieri, noi mettiamo in esecuzione ciò che essi domandan pregando, poiché difendiam la terra col valore delle nostre braccia e col filo delle nostre spade; né già in luogo chiuso, ma a cielo scoperto, esponendoci agli ardori più cocenti ed insoffribili della state, non meno che ai più rigidi geli del verno.
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