In questo tristissimo letto entrò don Chisciotte, e l'ostessa e sua figlia gli applicarono empiastri dal capo ai piedi, facendo lume Maritorna, che così chiamavasi l'Asturiana. Vedendo l'ostessa nell'ungerlo, che don Chisciotte avea molte lividure sparse per il corpo, si avvisò che ciò fosse proceduto piuttosto da percosse che da caduta. - Non sono state percosse, disse Sancio, ma la natura del monte scabroso e pieno di pietre, ciascuna delle quali impresse il suo segno; e poi soggiunse: Piaccia alla signoria vostra di fare che avanzi un po' di stoppa, che vi sarà altro sito bisognoso, perché io pure mi sento addolorato alquanto nei lombi. - Se così è, disse l'ostessa, convien dire che siate voi pure caduto. - Eh non è questo, rispose Sancio, ma il batticuore che mi assalì quando vidi precipitare il padrone mi ha prodotto una scossa sì grande da rendermi tanto addolorata tutta la persona come se mi avessero bastonato con mille bastoni. - Questo può essere, soggiunse la ragazza mentre anche a me accadde le molte volte di sognare di cader dall'alto di una torre senza arrivar mai abbasso; e svegliandomi trovarmi sì pesta e macinata come se la caduta fosse stata realmente vera. - Qui sta il guaio, o signora, rispose Sancio Pancia, che io senza far sogni di sorta, ma standomi desto come sono presentemente, mi trovo tutto coperto di lividure come il mio signor padrone.
- Come si chiama egli questo cavaliere? gli domandò l'asturiana Maritorna.
- Don Chisciotte della Mancia, rispose Sancio, ed è cavaliere venturiero dei più celebri e valorosi che da molto tempo in qua siensi veduti al mondo.
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