Stavansene confuse l'ostessa, la figlia e Maritorna udendo i ragionamenti dell'errante cavaliere, ch'esse intendevano né più né meno, come se avesse parlato greco. Si accorsero nondimeno che quelle dovean essere parole di cortesia e gentilezza, ma non assuefatte a simigliante linguaggio lo stavano guardando con ammirazione, sembrando loro che fosse un uomo diverso dagli altri. Perciò ringraziatolo con gentilezza da osteria, lo lasciarono; e l'asturiana Maritorna si diede a curar Sancio che non n'avea men bisogno del suo padrone.
Fra Maritorna e il vetturale, nominato poc'anzi, erano corse già da gran tempo promesse di matrimonio: ma perché il padrone di lei si opponeva, avevano ordinato che in quella notte sarebbero fuggiti insieme; al qual fine la fantesca, quando i padroni dormissero, verrebbe ad avvertirne il suo fidanzato. Il duro, angusto e mal accomodato letto di don Chisciotte trovavasi il primo in quella stalla o porcile, e ad esso vicino stava quello di Sancio, che consisteva in una stuoia da camera ed in una coperta piuttosto di canavaccio cimato che di lana. Succedeva a questi due letti quello del vetturale, composto, come si è detto, delle bardelle e dei fornimenti dei due migliori muli da lui condotti, che in tutti erano dodici, castagni, grassi e belli, essendo costui uno dei più doviziosi mulattieri di Arèvalo, per quanto ci fa sapere l'autore di questa storia, il quale ne parla minutamente per averlo assai ben conosciuto, credendosi da taluno che fosse anche un poco suo parente.
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