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      - Rifletti saviamente, soggiunse don Chisciotte, e quello che può fare si è di abbandonarlo alla sorte: si perda o no, nulla importa, perché dopo la vittoria avremo tanti cavalli al nostro comando, anche Ronzinante corre pericolo ch'io nol cambii con qualch'altro. Ma attento che ti voglio dar conto de' più notabili cavalieri di questi due eserciti; e perché tu meglio li vegga e li esamini, seguimi sopra questa collina, d'onde si scopriranno anche meglio."
      Vi salirono, si posero sopra un'altura, d'onde avrebbero potuto discernere che quelli non erano già eserciti ma armenti, se il polverio ch'essi levavano, non avesse loro impedita la vista. Ad onta di questo don Chisciotte, vedendo colla sua fantasia ciò che non vedevano gli occhi né in fatto esisteva, con alta voce, cominciò a dire: - Quel cavaliere che vedi là coll'arme gialle che porta nello scudo un leone coronato schiavo a piè di una donzella, è il valoroso Laurcalco signore del ponte d'argento; l'altro che ha l'arme coi fiori d'oro, e che porta nello scudo tre corone d'argento in campo azzurro, è il temuto Micocolembo gran duca di Chirozia; l'altro che ha le membra gigantesche, che sta alla mano dritta, è l'ardito Brandabarbarano di Boliche, signore delle tre Arabie che viene armato di una pelle di serpente, e tiene per iscudo una porta, che, a quanto si dice, è una di quelle del tempio fatto precipitare da Sansone allorché morendo si vendicò dei nemici. Ma volgi l'occhio a quest'altra parte, e vedrai dinnanzi e alla fronte di quest'altro esercito il sempre vincitore e non mai vinto Timonello di Carcassona, principe della nuova Biscaia, che viene coll'armatura divisa in quarti azzurri, verdi, bianchi e gialli, e porta sullo scudo un gatto d'oro in campo leonato col motto che dice Miau, ch'è il principio del nome della sua signora: la quale per quanto si dice, è la senza pari Miaulina, figlia del duca d'Alfegnincheno dell'Algarvia; l'altro che carica e opprime la schiena di quella grande alfana, coll'arme bianche come la neve e collo scudo bianco senza insegna veruna, è un cavaliere novello francese, chiamato Pietro Papin, signore delle baronie di Utricche; l'altro che batte i fianchi colle armate calcagna a quel veloce e chiazzato daino, e porta l'arme delle pelli azzurre, è il poderoso duca di Nerbia Espantafilando del Bosco, che ha per impresa nello scudo uno sparviere con un motto in castigliano, che dice così: Rastrea mi suerte, e che significa: Investiga la mia sorte.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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