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      Per la mia barba, signore, ch'egli ha l'aria di un buon cavallo! - Io non piglierò mai il costume, disse don
      Chisciotte, di spogliare quelli che restano da me vinti, né è stile della cavalleria torre loro i cavalli e lasciarli andare a piedi, quando però non fosse che il vincitore avesse perduto il suo nel cimento, mentre lice in tal caso prendersi quello del vinto come guadagnato in battaglia onorata e in guerra giusta; tu dunque, o Sancio, devi lasciare questo cavallo, od asino che sia, come più ti piace, in piena libertà, perché quando il suo padrone ci vegga allontanati, venga a ripigliarselo a suo talento. - Dio sa, replicò Sancio, quanto grande è la voglia ch'io ho di menarlo via, od almeno di cambiarlo col mio che non mi par tanto buono! Sono veramente troppo rigorose le leggi della cavalleria se vietano pur anche di cambiare un asino per un altro; e dicami almeno se potessi cambiarne i fornimenti? - Non sono di ciò ben sicuro, rispose don Chisciotte, e in caso di dubbio e finché me ne informi con esattezza tu puoi barattarli se hai estrema necessità. - Tanto estrema, rispose Sancio, che se dovessero servire per mio proprio uso non potrei averne maggior bisogno." Dopo di ciò, autorizzato dalla detta licenza, fece mutatio capparum, e mise il suo giumento in punto di piena lindura, migliorando in terzo e in quinto. Fatto questo, mangiarono gli avanzi della provvisione tolta ai preti; bevettero dell'acqua delle gualchiere, né si voltarono mai per guardarle, in tanto odio le avevano per la passata paura.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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