Compiuti coi due primi i suoi doveri, viene il cavaliere a sapere che la infanta è indisposta e non può ricevere la sua visita: non dubita che ciò non proceda dall'amarezza della loro divisione, e n'ha trafitto il cuore per modo da renderne quasi a tutti manifesta la causa. La damigella mezzana a tutto è presente, nota ogni cosa, e ne dà contezza alla sua signora, che l'ascolta piangendo e le dichiara che una delle sue maggiori afflizioni è di non sapere chi sia il suo cavaliere, se di stirpe reale o no. Viene assicurata dalla donzella che tanta cortesia, gentilezza e valore come quella del suo cavaliere non può capire se non in anima reale e di alta portata. Si consola la bella afflitta, e sforzasi di celare al padre i movimenti del cuore; però due soli giorni dopo si fa vedere in pubblico. Partito è già il cavaliere; guerreggia; vince il nemico del re; ritorna alla Corte; rivede la sua signora, s'accorda con lei di chiederla in moglie al suo padre per guiderdone dei prestati servigi. Il re per non sapere chi egli sia gliela nega, ma ad onta di ciò, o rubata o in qualsiasi altro modo la infanta diventa sposa del cavaliere, e il genitore lo ascrive a sua gran fortuna, venendo a sapere ch'egli è figliuolo di un valoroso re di non so qual regno, perché credo che non esista nella mappa della terra. Muore il padre, l'infanta n'è erede, e in due parole il cavaliere diventa re. Ecco il momento in cui sono largamente compensati e lo scudiere e tutti quelli che lo aiutarono a salire a sì alto stato; marita lo scudiere colla damigella della infanta, che dovrà essere indubitatamente quella che fu la mezzana de' suoi amori, e che sarà figlia di nobilissimo duca.
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Corte
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