..." Don Chisciotte che lo sentì a piangere, e poi ne conobbe la causa, consolò Sancio alla meglio che poté pregandolo di aver pazienza, e promettendogli di rilasciargli un viglietto con cui gli sarebbero dati tre asini dei cinque ch'egli avea lasciati in casa sua. Si racconsolò allora Sancio, rasciugò le lagrime, finirono i singhiozzi, e gradì il bene che gli facea don Chisciotte, il quale non fu appena internato in quelle montagne, che già gli si era allargato il cuore, parendogli di essere giunto in un sito inesauribile di avventure quali appunto egli andava cercando. Stava richiamandosi alla memoria i prodigiosi avvenimenti occorsi ai cavalieri erranti in tali solitudini e luoghi selvaggi, e andavasene immerso in questi pensieri, ed ebro e tratto fuori di sé di null'altro si rammentava; né Sancio (poiché gli parve di essere sicuro dalle persecuzioni della giustizia), davasi altro pensiero che di pascere lo stomaco coi rimasugli di quanto avea tolto ai poveri chierici, che accompagnavano il morto. A tal modo Sancio seguitando il padrone traeva di quando in quando da un sacco, che invece dell'asino era carico sopra Ronzinante, di che empiersi la pancia, contento della sua sorte, senza curarsi di nuove avventure. Ma in questo mezzo alzò gli occhi, e vide che il suo padrone tentava di levar qualche cosa da terra colla punta del suo lancione. Si affrettò Sancio ad aiutarlo, ed arrivò al punto in cui alzava un cuscinetto cui stava legato un valigiotto, ambedue mezzo fracidi e disfatti.
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