Don Chisciotte trasse il libro delle memorie, e fattosi in disparte si pose a scrivere; poi nel terminare la lettera chiamò Sancio, e gli disse che gliela volea leggere perché la ritenesse a memoria se per caso la perdesse nel viaggio, avendo ragione di temere tutto dalla sua disdetta. Cui Sancio rispose: - La scriva vossignoria due o tre volte nel libro, e mi dia quello ch'io lo porterò con tutte le cautele, ed egli è propriamente pazzia il solo immaginare ch'io possa tenere cosa alcuna nella memoria, la quale è così debole, che mi dimentico talvolta sino il mio nome; con tutto ciò me la legga pure, che me ne compiacerò assai, perché mi figuro che sarà come stampata. - Ascolta, disse don Chisciotte; ella dice così:
LETTERA DI DON CHISCIOTTE A DULCINEA DEL TOBOSO.
Sovrana ed alta signora!
Il ferito di punta d'assenza, ed il piagato nelle tele del cuore, dolcissima Dulcinea del Toboso, t'invia quella salute che affatto a lui manca. Se mi dispregia la tua bellezza, se il tuo merito non si rivolge a favorirmi, se gli sdegni tuoi sono il mio annichilimento ad onta che sia esemplare la mia sofferenza, non mi prometto di sostenermi più a lungo in questa infelicità; che oltre all'essere aspra fuor di misura, minaccia di essere di una intollerabile lunghezza. Sancio, mio fedele scudiere ti darà piena relazione, o bella ingrata, o adorata nemica mia, dello stato in cui per tua colpa mi trovo. Se ti piacerà di porgermi aita sarò tuo; se no, fa pure quanto ti è a grado, che col terminare di mia vita io avrò soddisfatto alla tua crudeltà e al mio desiderio.
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