Mi terrete perciò qual uomo che assai debolmente ragiona, e quel che peggio sarebbe, di poco sano intendimento: né mi maraviglierei se ciò credereste, perché veggo io stesso che la rimembranza continua delle mie disgrazie è di tal possa e tende siffattamente a perdermi che senza ch'io valga a impedirla, rimango qual pietra onninamente priva di ragione e di buon senso. Di ciò anche m'avveggo quando taluni mi dicono e mostrano i segni delle cose da me fatte durante i formidabili accessi che mi predominano, sicché non mi resta che dolermi inutilmente e maledire senza pro la sventura mia, e scolparmi alla meglio coll'accusarne la causa, rendendola palese a chi si invoglia di esserne istrutto: ché certamente gli uomini di buon senno non potranno maravigliarsi che da cagione sì brutta nascano pessimi effetti: e se non vi potranno rimediare non me ne faranno colpevole per lo meno, convertendo anzi in commiserazione delle mie disgrazie lo sdegno in loro provocato dagli accessi della mia follia. Pertanto se voi, signori, vi siete qui condotti colla stessa intenzione di altri che ci vennero, prima di mettere in campo le vostre sagge persuasioni, pregovi di porgere orecchi al racconto delle mie disavventure, perché quando le abbiate intese vi persuaderete che inutilmente procaccereste di temperare l'amarezza di un male incapace di raddolcimento."
Quei due non d'altro desiderosi che d'intendere dalla propria sua bocca la cagione per cui trovavasi a sì dolente partito, lo pregarono che loro ne facesse il racconto, offrendosi di non impiegar l'opera loro se non in ciò che credesse opportuno egli stesso a suo ristoro e rimedio.
| |
|