Questo nuovo accidente e sì inusitato, mi destò la più grande maraviglia perché ogni volta che la buona sorte, e l'accortezza mia ci concedevano alcun colloquio, seguiva questo colla più viva gioia e soddisfazione, ben lungi dall'esservi immischiate lagrime, sospiri, gelosie, sospetti o timori. Io non faceva che gioire del fortunato destino che me l'aveva concessa amante e signora; io portava al cielo la sua bellezza, il suo merito ed il suo discernimento che mi rendeano estatico, ed essa me ne compensava con un perfetto ricambio, lodando in me tutto ciò che, come innamorata, le sembrava degno di encomio. C'intertenevamo parlando di alcune faccenduole de' nostri vicini e conoscenti, né mai aveva io osato più in là, che a prendere quasi a forza una delle sue belle e bianche mani e accostarla alle mie labbra, per quanto lo permetteva la ristrettezza di una bassa inferriata che ci divideva. La notte poi che precedette al giorno della mia partenza fu amareggiata dai suoi pianti e sospiri; dopo di che fuggì lasciandomi pensieroso ed attonito per avere veduti in lei indizî sì tristi e sì nuovi di afflizione. Tuttavolta non volendo distruggere io stesso le mie speranze, attribuii ogni cosa all'amore, ed alla forza di quel dolore che suol produrre la lontananza della persona amata. In fine io mi partii malinconico e pensieroso, coll'anima piena di ombre e fantasmi, senza sapere di che sospettassi o potessi temere: chiari presentimenti del tristo evento e della sciagura che mi erano apparecchiati!
| |
|