Chiamai Lucinda ingrata, menzognera, sconoscente, e sopratutto interessata, dacché l'opulenza del mio nemico le avea tanto accecato l'intelletto ch'ella sdegnò di esser mia per darsi invece all'uomo a cui la fortuna erasi mostrata più liberale. Pure in mezzo alle esecrazioni io andava cercando qualche sua difesa, dicendo a me stesso che non era a stupire se una giovane cresciuta nella casa paterna, accostumata mai sempre ad essere obbediente, si fosse lasciata piegare a compiacere altrui sposando un personaggio sì cospicuo, sì ricco, e fornito di sì gran nobiltà; mentre rifiutandolo, potea giudicarsi che le mancasse il discernimento e che portasse amore ad un altro; cosa che suol tornare in pregiudizio della buona opinione e della fama delle fanciulle. D'altra parte io diceva in contrario, che quand'ella avesse fatto sapere ch'io ero suo sposo, sarebbesi conosciuto che non avea poi scelto sì male da meritarsi castigo; mentre prima che se le fosse offerto don Fernando non poteano bramare certamente i suoi genitori (quando avessero bilanciati colla ragione i loro desideri) uno sposo di me più adatto alla loro figliuola. Io aggiungeva che ella stessa, prima di avventurarsi all'estrema necessità di dover dare la sua mano, avrebbe potuto dire che io le avea già data la mia, perché sarei allora volato a confermare per vera la sua finzione. Conchiusi finalmente che il poco amore, la inferma ragione, la molta ambizione e il desiderio di grandeggiare fecero che Lucinda si dimenticasse delle parole colle quali mi avea ingannato, trattenuto e sostenuto nelle mie speranze e nelle oneste mie brame.
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Lucinda Fernando Lucinda
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