In quest'Andalusia vi è una terra da cui prende titolo un duca che è uno di quelli che fra noi si chiamano grandi. Ha questi due figliuoli, il maggiore erede del suo Stato, ed anche, a quanto sembra, de' suoi buoni costumi; ed il minore non so di che possa esser erede se non se dei tradimenti di Vellido e delle cabale di Galalone. Sono vassalli di questo potente i miei genitori, di basso lignaggio ma doviziosi per modo che se pari alla fortuna fosse il loro nascimento né resterebbe ad essi che desiderare, né io avrei temuto di trovarmi avviluppata nelle presenti mie sventure, le quali procedono dal non esser eglino di nobile stirpe. Veramente non è tanto abbietta la loro condizione da doversene vergognare, ma non è tanto alta da ingannarmi se credo che non d'altronde proceda la sciagura mia che dalla bassezza di questo loro stato. In sostanza sono eglino gente di villa e alla buona senza meschianza di alcuna razza sconveniente, e come suol dirsi, sono cristiani vecchi e stantii, e colle loro fortune e col loro buon tratto vanno ogni dì più acquistando credito di onoratissima gente e di non volgari persone. La ricchezza e la nobiltà, di cui facevano maggior conto, consisteva nel vantarsi ch'io fossi loro figliuola; e non avendo fuori di me in famiglia altri eredi, ed essendo genitori amorosissimi, potea risguardarmi come una giovane bene avventurata. Io era lo specchio in cui si miravano, il bastone della loro vecchiaia, l'unica meta dei loro voti, che per essere sempre santi e preziosi, venivano dal canto mio e colla grazia del cielo sempre assecondati.
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Andalusia Stato Vellido Galalone
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