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      A tutte queste riflessioni altre ne aggiunsi delle quali non mi sovviene; ma non per questo egli desistette. Debbo però confessarvi che io cominciai poi a dire fra me: Veramente non sarei io la prima che per via del matrimonio fosse salita da basso ad alto stato; né don Fernando sarebbe il primo a cui o bellezza o prepotente affetto avesse fatto contrarre un maritaggio non confacevole alla sua grandezza. Pareami quindi che non fosse bene ostinarsi a rigettare quella grandezza che la fortuna mi offeriva, e alla quale don Fernando voleva legittimamente innalzarmi; mentre irritandolo con persistente ripulsa potevo espormi a pericolo molto grave. Vinta pertanto da queste considerazioni, e dalle preghiere e dai giuramenti che don Fernando veniva ripetendo dinnanzi all'immagine già detta, e col testimonio della cameriera, dichiarai di accettarlo come legittimo sposo. Sventurata! da quel momento parve che si spegnesse tutto l'ardore dell'animo suo. Il giorno che successe alla notte della mia miseria cominciò ad apparire, ma non tanto presto, quanto don Fernando bramava. Io dico questo perché si affrettò a lasciarmi sola: e mediante le arti della mia cameriera, la cui malizia le avea dato l'adito a entrare, prima del giorno uscì dalla mia stanza; non senza ripetere (benché non più con calore e coll'asseveranza di prima) i suoi giuramenti, in pegno dei quali mi lasciò un ricco anello che di sua mano mi pose in dito. Partì, ed io rimasi non so dire se mesta od allegra: so dire bensì che tutta io era confusa, pensosa e quasi fuori di me.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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